Cass. Pen., Sez. V, n. 3674 del 1 febbraio 2011. Diritto di critica e di cronaca. Valutazioni prognostiche e lesione dei diritti personalissimi.

Rientra nell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria riferire atti di indagini e atti censori provenienti dalla pubblica autorità, ma non è consentito effettuare ricostruzioni, analisi, valutazioni tendenti ad affiancare e precedere attività di polizia e magistratura, indipendentemente dai risultati di tali attività. E' quindi in stridente contrasto con il diritto/dovere di narrare fatti già accaduti, senza indulgere a narrazioni e valutazioni "a futura memoria", l'opera del giornalista che confonda cronaca su eventi accaduti e prognosi su eventi a venire.
In tal modo, egli, in maniera autonoma, prospetta e anticipa l'evoluzione e l'esito di indagini in chiave colpevolista, a fronte di indagini ufficiali né iniziate né concluse, senza essere in grado di dimostrare la affidabilità di queste indagini private e la corrispondenza a verità storica del loro esito. Si propone ai cittadini un processo agarantista, dinanzi al quale il cittadino interessato ha, come unica garanzia di difesa, la querela per diffamazione. A ciascuno il suo: agli inquirenti il compito di effettuare gli accertamenti, ai giudici il compito di verificarne la fondatezza, al giornalista il compito di darne notizia, nell'esercizio del diritto di informare, ma non di suggestionare, la collettività.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il diritto di critica e di cronaca rinviene limiti ben precisi, a protezione del diritto, di pari rango, dell'integrità morale e della riservatezza delle persone di cui si va a riferire. Un conto sono i fatti, altra cosa le valutazioni, soprattutto quando esse si sostanziano in pronostici relativi all'esito delle indagini e dei procedimenti in corso.

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