Cass. Civ. sez. I, n. 26325/2006. Vantaggi compensativi delle società collegate in relazione ad atti di per sè estranei all'oggetto sociale.

L'atto compiuto dagli amministratori in nome della società è estraneo all'oggetto sociale se non è idoneo in concreto a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato ed indiretto, ma giuridicamente rilevante della società. Sebbene l'appartenenza al medesimo gruppo societario consenta, in linea di principio, di riconoscere connessioni economiche rilevanti tra gli interessi, formalmente distinti, dei vari soggetti giuridici che compongono il gruppo (sí da giustificare attività dirette al perseguimento di un interesse che esula da quello proprio e specifico delle singole società, inteso in senso stretto, ma vi è ricompreso in senso mediato), tuttavia la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi non è sufficiente al fine di affermare la legittimità dell'atto sul piano dei limiti imposti dall'oggetto sociale, ma l'amministratore ha l'onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta.

Commento

(di Daniele Minussi) Il tema, specialmente delicato, attiene alla valutazione dell'utilità dell'atto alla luce dell'appartenenza della società ad un gruppo in relazione al quale sia applicabile la teoria dei c.d. "vantaggi compensativi". In base ad essa il compimento del singolo atto di per sè anche potenzialmente pregiudizievole (pure in base ad una valutazione ex ante dello stesso) potrebbe apparire giustificabile in base ad una complessa stima dei vantaggi complessivi apportati al gruppo, vantaggi alla cui stregua poter affermare la sussistenza di un interesse sociale, sia pure mediato, al compimento dell'atto in questione.

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