Cass. Civ., Sez. Unite, n. 9523 del 22 aprile 2010. Gli effetti sostanziali dell'integrazione del contraddittorio in materia di riscatto nella prelazione urbana. Rilevanza del regime patrimoniale della famiglia dell'acquirente legittimato passivo.

Il diritto di riscatto previsto dall'art. 39 l. n. 392 del 1978, deve essere esercitato dall'avente diritto alla prelazione nei confronti di tutti gli acquirenti comproprietari del bene (compreso il coniuge in comunione legale dei beni che lo abbia acquistato ai sensi dell'art. 177 c.c., lett. a), i quali sono litisconsorti necessari nella relativa controversia.
Qualora il diritto di riscatto venga esercitato in via giudiziaria e l'azione sia proposta tempestivamente (entro il termine di sei mesi dalla trascrizione dell'atto, stabilito dal citato art. 39), solo contro uno o alcuni degli acquirenti, il consolidamento dell'acquisto è impedito nei confronti di tutti, a condizione che la nullità dell'originaria domanda (dovuta, appunto, alla mancata notificazione a tutti i litisconsorti) sia sanata dall'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti necessarie inizialmente pretermesse, ivi compreso il coniuge.

Commento

(di Daniele Minussi) La pronunzia, apparentemente di portata processuale, possiede una non banale valenza sostanziale.
Più che per la sanzione della nullità della domanda intesa ad esercitare la prelazione nell'ipotesi in cui l'azione venisse esercitata soltanto nei confronti di alcuni dei legittimati passivi, essa infatti si segnala per aver considerato nel novero di tali soggetti anche il coniuge in regime di comunione legale dei beni di uno dei soggetti acquirenti.
Evidente appare la difficoltà per colui che intende agire con l'azione di retratto di svolgere specifiche indagini volte a sincerarsi della situazione afferente allo stato civile ed al regime patrimoniale della famiglia dell'acquirente.

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