Cass. Civ., sez. III, n. 26610/2008. Irrilevanza della mera detenzione ai fini dell'usucapione.

Non determina l'acquisto per usucapione il compimento di atti di esercizio del diritto di proprietà da parte di chi ha la detenzione e non il possesso dell’immobile. Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione non può acquistare il possesso finché il titolo non venga ad essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore; principio questo che appunto esclude la rilevanza giuridica delle attività che, anche ove volessero ritenersi indicative di un animus rem sibi habendi, non potrebbero comunque modificare in possesso l'originario rapporto con la cosa. In caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario è in re ipsa, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. La determinazione del risarcimento del danno ben può essere, in tal caso, operata dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, con riferimento al c.d. danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del bene usurpato.






Commento

Il problema pratico sottolineato dalla pronunzia in considerazione è costituito dalla potenziale ambiguità di condotte che, astrattamente, potrebbero essere qualificate come atti riconducibili all'esercizio del diritto di proprietà.
Ai fini tuttavia della produzione dell'efficacia acquisitiva propria dell'usucapione risulta indispensabile l'esistenza di una situazione qualificabile in chiave di possesso, in difetto della quale tale effetto non ha luogo.

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