Cass. Civ., sez. II, n. 9522/2005. Trasformazione della comunione ereditaria in comunione ordinaria.

La comunione ereditaria, quale forma di comunione incidentale, nascente non per volontà delle parti, ma per effetto dell'accettazione dell'eredità da parte di più chiamati, non si trasforma in comunione ordinaria per il fatto di comprendere un unico bene immobile, né per la circostanza che alcuni dei coeredi abbiano ceduto a estranei le rispettive quote. In effetti, lo stato di comunione non può che cessare con la divisione, attraverso la trasformazione dei diritti dei singoli partecipanti su quote ideali dell'eredità in diritti di proprietà individuale su singoli beni. Solo quando siano state compiute le operazioni divisionali, la comunione residuale sui beni ereditari si trasforma in comunione ordinaria, con conseguente inapplicabilità del retratto successorio, si cui all'articolo 732 del Cc, che postula la persistenza dello stato di comunione ereditaria.

Commento

La pronunzia viene a specificare i presupposti per l'applicabilità delle norme relative al retratto successorio. In relazione a ciò, la qualità ereditaria della comunione non viene meno né in relazione all'unicità del bene sul quale cade, né per effetto dell'ingresso di contitolari estranei rispetto al nucleo degli originari coeredi, ma soltanto in esito alla definizione delle operazioni divisionali. Si badi al fatto che la non ulteriore applicabilità della speciale protezione di cui all'art.732 cod.civ. può anche riguardare un ambito soggettivo limitato, ciò che si verifica ogniqualvolta un coerede sia stato apporzionato a titolo di stralcio divisionale. Il rimedio è infatti concesso in relazione alla situazione congiunta di contitolarità e di coeredità ed è chiaro come la prima venga meno nel caso di attribuzione al coerede effettuata a totale saldo e stralcio dei propri diritti sulla massa dividenda, peraltro rimasta comune agli altri.

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