Cass. Civ., sez. II, n. 11830/2007. Assegnatario della casa coniugale e azione revocatoria.

L'azione revocatoria, essendo diretta a conservare nella sua integrità la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, ove esperita vittoriosamente, non travolge l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma determina semplicemente l'inefficacia di esso nei confronti del creditore che l'abbia esperita per consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell'atto, l'azione esecutiva per la realizzazione del credito. Essa quindi non può essere esercitata dall'assegnatario della casa coniugale al fine di inibire all'acquirente dell'immobile venduto dal coniuge titolare del bene di chiedere la consegna dello stesso in conseguenza dell'atto di acquisto.

Commento

Il nodo da cui partire per intendere la pronunzia in esame è quello dell'opponibilità ai terzi del diritto di abitazione della casa coniugale. Il riferimento al criterio generale di cui all'art. 2644 cod.civ. ha comportato il mutamento del quadro che si ricavava dal previgente art. 155 cod.civ.. La situazione è infatti mutata in esito alla novellazione di cui alla Legge 54/2006.
Attualmente appare dunque chiaro come la risoluzione dei conflitti tra coniuge assegnatario del godimento del bene e terzo avente causa dal proprietario dello stesso dovrà essere risolto sempre e solamente in base al criterio dirimente di cui all'art.2644 cod.civ., fondato sulla priorità della trascrizione. Ciò comporta che, nell'ipotesi in cui il terzo avente causa dal coniuge proprietario dell'immobile abbia trascritto il proprio titolo prioritariamente rispetto al provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non potrà certo essere utilizzato lo strumento dell'azione revocatoria ordinaria per far venire meno tali effetti. L'azione di cui all'art.2901 cod.civ. sortisce infatti differenti effetti, che si sostanziano nell'inefficacia relativa dell'atto di disposizione rispetto alla consistenza del patrimonio del debitore.

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