Cass. Civ, sez. Unite, n. 6572/2006. Danno esistenziale conseguente a dequalificazione del lavoratore e prova del pregiudizio. Autonomia del danno esistenziale.

In tema di risarcimento del danno da demansionamento e dequalificazione del lavoratore Il danno esistenziale, conseguente a demansionamento del lavoratore, può essere riconosciuto dal giudice solo se debitamente provato. Il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, della natura e delle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all'esistenza di una lesione dell'integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale - da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul "fare a-reddituale" del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, iducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espresssione e realizzazione della sua personalità nel m ondo esterno- va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento fra i quali assume precipuo rilievo la prova per presunzioni

Commento

La pronunzia, che consolida l'orientamento interpretativo che riconosce autonoma rilevanza al c.d. "danno esistenziale", inteso quale pregiudizio alla sfera complessiva dei molteplici aspetti della personalità umana, afferenti alla sfera affettiva, sociale, religiosa, etc., vale anche a distinguere tale specie di pregiudizio dal danno biologico, il cui concreto accertamento è necessariamente ancorato a valutazioni di carattere medico.

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