Ambito di operatività del retratto successorio. (Cass. Civ., Sez. II, n. 9744 del 23 aprile 2010).

Il diritto potestativo di riscatto nei confronti dell'acquirente di quota ereditaria, previsto dall'art. 732 c.c. a favore dei coeredi, viene ad esistenza solo con la manifestazione di volontà che può essere espressa pure con l'atto introduttivo del giudizio, sempre che tale manifestazione sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sua sottoscrizione di tale atto, o con il conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere anche quella apposta a margine dell'atto o in calce allo stesso; né può assumere rilievo, in senso contrario, il fatto che la procura speciale sia stata conferita, con il medesimo atto, per lo scioglimento della comunione dei beni e, solo incidentalmente, per l'esercizio del retratto stesso.
I diritti di prelazione e di riscatto previsti dall'art. 732 c. c. in favore del coerede postulano che l'alienazione compiuta da un altro coerede riguardi la quota ereditaria (o parte di essa) intesa come porzione ideale dell'"universum ius defuncti", e vanno perciò esclusi quando, attraverso un'adeguata valutazione degli elementi concreti della fattispecie, risulti che i contraenti non hanno inteso sostituire il terzo all'erede nella comunione ereditaria e che l'oggetto del contratto è stato considerato come cosa a sé stante e non come quota del patrimonio ereditario.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia introduce un profilo ermeneutico specialmente delicato che discrimina le ipotesi di alienazione soggette a retratto successorio rispetto a quelle che non ne sono sottoposte. Come fare a distinguere il caso in cui l'oggetto dell'alienazione sia un bene concepito come quota ereditaria e quello in cui tale oggetto debba essere individuato come un bene a sè stante? Al riguardo la giurisprudenza ritiene rilevante l'apprezzamento del dato soggettivo (la cui ricognizione non appare sicuramente agevole) costituito dall'intento di sostituire l'acquirente nella quota ereditaria. In questo senso l'oggettività costituita dalla valutazione del punto di riferimento dell'alienazione (se cioè si tratti dell'unico bene ereditario, della quota di alcuni soltanto tra i beni ereditario ovvero della quota di uno soltanto di detti beni) costituirebbe indice meramente indicativo di tale intento.
Si tratterebbe infatti pur sempre di apprezzare in concreto l'intento dei contraenti per verificare se il cespite sia stato considerato come misura della partecipazione dell'acquirente alla comunione ereditaria ovvero come quota parte in riferimento all'esito divisionale ( cfr. anche Cass. Civ. Sez. II, 18351/04).

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