Accettazione tacita e accettazione "presunta" di eredità: la differenza delle fattispecie di cui agli artt. 476 e 527 cod.civ. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 21348 del 9 ottobre 2014)

In tema di successioni mortis causa, l'accettazione tacita di eredità prevista dall'art. 476 c.c. presuppone la volontà, effettiva o presupposta, del chiamato, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 527 c.c., che ne prescinde completamente e considera erede puro e semplice colui che sottrae o nasconde i beni ereditari, assolvendo ad una esigenza di garanzia dei creditori del de cuius, ai quali non può essere opposto un esonero di responsabilità attraverso il beneficio d'inventario o la rinunzia.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia mette a fuoco la differente natura giuridica delle ipotesi portate dall'art.476 cod.civ., che genericamente prevede la c.d. accettazione tacita d'eredità (avente consistenza di mero atto giuridico, cui comunque sottende la volontarietà della condotta) rispetto a quella di cui all'art.527 cod.civ., che possiede natura di mero fatto giuridico, riconnettendo automaticamente ed imprescindibilmente l'effetto previsto dalla legge alla condotta prevista. La sottrazione ovvero l'occultamento di beni ereditari infatti importa l'acquisto della qualità ereditaria e la correlativa decadenza dalla facoltà di farvi rinunzia ovvero l'inutilità di un'eventuale accettazione beneficiata.

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